Un coccodrillo
masticava uova di
menzogne
e piangeva
non per le uova,
che conosceva bene
(avevano forma di occhi
supplicanti),
ma per la rabbia
di averle covate.
Io ero lì,
alla stazione
Tiburtina,
gli accarezzavo una
zampa.
Il coccodrillo si
accoccolò sul mio petto.
Iniziò a sbottonarmi
la camicia.
-Mi dispiace-
gli dissi
-non puoi stare da me.
E lo poggiai per terra.
Mi accesi una
sigaretta.
Il coccodrillo non
masticava
né piangeva più.
-Ciò che si è covato
va giù più
facilmente-
disse.
Ci prese la ridarella.
Il pullman partiva alle
23:59.
Lo salutai.
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