cose scritte da neko

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lunedì 15 marzo 2010

Il divano gonfiabile

1

Il divano gonfiabile stava comodo anche se non riusciva a sentirsi completamente realizzato.

Il sottoscala non era un brutto posto per lui che non aveva ideali estetici.

Era solo un posto come un altro dove stare.

Lui era fatto per stare da qualche parte.

Era l’essere sgonfio a lasciarlo perplesso.

Una questione di percezione di sé.

Da piccolo era stato sgonfio e chiuso in una scatola.

Poi l’adolescenza l’aveva portato fuori dalla scatola ed era cresciuto, gonfiato, prendendo una forma che credeva definitiva. Invece era tornato sgonfio e nella scatola. Non riusciva a capire. Era già la vecchiaia?

Non era la vecchiaia. Era una storia di uomini che decideva la sorte del divano.

Alda aveva regalato il divano a Filomena.

Filomena l’aveva gonfiato ma s’era resa conto che in casa sua non c’era abbastanza spazio.

Lo aveva regalato, allora, a suo fratello Elio.

Quando Alda seppe che Filomena aveva dato a Elio il divano che lei le aveva regalato, si offese e litigò anche un po’ con Filomena. E le disse: - a questo punto, se non lo devi tener tu, restituiscimelo che lo metto a casa mia -.

Filomena non aveva voglia di litigare e così chiese a Elio di restituirle il divano e poi lo riportò ad Alda. Passò qualche mese e Alda si stufò del divano che ritornò a casa di Filomena, questa volta nel sottoscala.

Il divano non sapeva niente di tutta questa storia.

Il divano sapeva:

di essere di plastica,

di essere arancione,

di poter essere gonfio o sgonfio.

Il divano non sapeva niente degli uomini, delle loro storie e della loro Storia.

Nel suo inconscio, o era nel dna?, c’erano tracce di una storia.

Era una storia la cui origine si perdeva nel buio dei secoli passati.

Ma, nei sogni, non tutta la storia si rivelava al divano.

E nella memoria cosciente, quella della veglia nel sottoscala, la storia iniziava in tempi ancora più recenti.

Il divano sognava:

di essere un albero, con le foglie mangiate da qualche animale.

di essere un animale e mangiare le foglie di un albero.

di essere animale e poi albero o viceversa e di morire.

Il divano ricordava:

di essere una goccia nera che insieme ad altre aveva procreato.

che quella procreazione aveva anche significato la sua morte come goccia.

che aveva dato alla luce la plastica che ora era la pelle sgonfia di sé.

Anche la storia degli uomini si perdeva nella notte dei tempi.

anche loro però avevano tracce della loro origine in posti molto nascosti di sé.

né la loro memoria cosciente né i loro sogni gli rivelavano l’intera storia.

Gli uomini sognavano:

di essere scimmie tra le foglie. scimmie terrorizzate dai predatori.

di trovare una fiamma e di addomesticarla.

di trovare un seme e di piantarlo.

Gli uomini avevano un trucco per i ricordi.

Era quello di raccontarli ad altri uomini.

Così ogni uomo poteva sapere molti più ricordi che i suoi soli.

Il divano aveva paura che quella che stava vivendo nel sottoscala fosse la vecchiaia.

O il momento, forse, di riprodursi.

quindi di morire come divano.

Il divano si spiegava la morte con l’idea della riproduzione.

A volte l’idea gli piaceva e pensava che sarebbe stato altro, che la vita continuava, comunque.

A volte aveva paura e basta.

Anche gli uomini avevano paura della vecchiaia. E della morte che sapevano essere l’ultimo momento della memoria cosciente. Gli uomini avevano dato il nome di morte a quel momento in cui tutti gli uomini passati avevano smesso di raccontare.

Gli uomini si spiegavano la morte con tante idee diverse.

A volte queste idee gli piacevano.

A volte avevano paura e basta.

2

Il divano non sapeva niente degli uomini, delle loro storie e della loro Storia.

Stava nel sottoscala.

Il divano non sapeva nemmeno di avere più memoria cosciente di quella di un singolo uomo.

E neanche delle diverse idee che gli uomini avevano della morte sapeva niente.

Il divano era cieco e sordo e immobile nel sottoscala.

Solo e inconsapevole della propria solitudine.

Un giorno Filomena si ricordò del divano gonfiabile e ne parlò con due suoi amici: Dina e Federico. La sorella di Federico, Anna, doveva arredare la casa che aveva appena finito di restaurare con il suo convivente, Ebano.

Federico lo sapeva e disse a Filomena: -potremmo chiedere ad Ebano e Anna se gli serve- ovviamente riferendosi al divano gonfiabile. Filomena era d’accordo.

Ebano e Anna volevano il divano. –Almeno per vedere se sta bene in soggiorno- disse Anna.

Il divano stava per uscire dal sottoscala ma non ne sapeva niente.

Il divano non aveva potere decisionale.

Era privo di autodeterminazione.

-Che stupidi gli uomini- avrebbe pensato il divano se avesse saputo ciò che gli uomini credevano essere la morte.

Perché il divano aveva più memoria di ogni singolo uomo ma, riguardo la morte, ne aveva anche più di tutti gli uomini insieme.

Sapeva che la morte era riproduzione.

Gli uomini, invece, sapevano la morte come fine. Quello che c’era dopo quella fine era oscuro e spiegato solo da idee, non da memoria. Gli uomini potevano in ogni momento chiedersi: -ma sarà giusta la mia idea?-.

Il divano non si chiedeva niente.

Il divano non aveva potere decisionale.

Era lì nel sottoscala e pensava che quella fosse già la vecchiaia. e ne aveva paura un po’ e un po’ no pensando che dopo si sarebbe riprodotto. Era lì ma non dipendeva da lui il suo essere lì, dipendeva dagli uomini. Anche la sua paura era quindi causata dagli uomini.

Anna ed Ebano presero il divano.

Ebano lo gonfiò. Anna lo guardò: stava bene in soggiorno.

Il divano scoprì, allora, che quella vissuta nel sottoscala non era la vecchiaia.

Dopo qualche mese Anna ed Ebano comprarono un divano più grande e non gonfiabile.

Il divano finì in cantina.

Poi Anna ed Ebano lo regalarono a dei loro parenti che lo tennero un po’ e poi lo misero nello sgabuzzino fino a quando non lo diedero ad un’organizzazione ecclesiastica che ne fece un premio di una pesca di beneficenza .

Di casa in casa, da gonfio a sgonfio, un giorno il divano finì in una discarica.

Quel giorno, dopo tante vecchiaie temute, il divano non credeva più nella vecchiaia.

Pensava che non si sarebbe mai più riprodotto.

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